giovedì 30 dicembre 2010

Cosa fanno gli insegnanti (un augurio per l'anno che verrà)

Fine anno. Tempo di buoni propositi e di auguri per l'anno che sta per arrivare.
Allora auguro a tutti di trovare sulla propria strada degli insegnanti che sanno quello che fanno. Ma soprattutto che credono in quello che fanno. Non è così facile ma non è impossibile.
Con un po' di fortuna potrebbe trattarsi persino di uno come Taylor Mali (ha anche un bel sito ufficiale). Uno che scrive una poesia come quella del video, sa quello che fa, e ci crede.
A proposito: il video originale lo potete trovare qui. Io ho sovrapposto i sottotitoli in italiano (traduzione fatta in casa).


Il testo originale della poesia si trova qui (il testo scritto è leggeremente diverso da quello recitato nel video). Di seguito, invece, si trova la mia approssimativa traduzione.

Cosa fanno gli insegnanti ovvero
obiezione respinta ovvero
Se ti va male puoi sempre studiare giurisprudenza

Dice che il problema con gli insegnanti è “Cosa può imparare un ragazzo
da uno che ha deciso che la scelta migliore nella sua vita era diventare un insegnante?”
Ricorda agli altri ospiti che è vero quello che si dice degli insegnanti :
Quelli che sanno fare, fanno ; quelli che non sanno fare, insegnano.

Decido di mordere la mia lingua invece della sua
e resisto alla tentazione di ricordare agli altri ospiti
che è vero anche quello che si dice degli avvocati.

Perché stiamo mangiando, dopotutto, e questa è una conversazione garbata.

“Voglio dire, sei un insegnante, Taylor, dai,
sii onesto. Cosa produci?”

E vorrei che non lo avesse fatto
(chiedermi di essere onesto)
perché, vedete, ho una regolina
sull'onestà e sui calci in culo :
se lo chiedi, te lo devo dare.

Vuoi sapere quello che faccio?

Faccio lavorare i ragazzi più duro
di quanto avrebbero mai pensato di poter fare
Posso fare che un 4 e mezzo sembri una medaglia d'oro al valore civile
E posso fare che un 9 e mezzo sembri uno schiaffo in faccia:
Come osi farmi sprecare il mio tempo con qualcosa meno del tuo meglio.

Faccio che i ragazzi stiano seduti per 40 minuti di studio
In assoluto silenzio. No, non potete lavorare in gruppo.
No, non puoi fare una domanda.
Perché non ti faccio andare a bere?
Perché non hai sete, sei annoiato, ecco perché.

Faccio i genitori tremare di paura quando chiamo a casa:
Spero di non aver chiamato in un momento sbagliato,
volevo solo parlarle di qualcosa che Billy ha detto oggi in classe

Ha detto : “Lascia in pace quel ragazzo. Io piango ancora, qualche volta, tu no?”
Ed e' stato il più nobile atto di coraggio che io abbia mai visto.

Faccio che i genitori vedano i propri figli per quello che sono
E per quello che possono essere.

Vuoi sapere quello che faccio ?

Faccio che i ragazzi si pongano domande,
che facciano domande.
Li faccio criticare.
Faccio che si scusino e che siano sinceri.
Li faccio scrivere, scrivere, scrivere.
E poi li faccio leggere.
Li faccio compitare: assolutamente bellissimo,
assolutamente bellissimo, assolutamente bellissimo
ancora e ancora a ancora, finché non sbaglieranno mai più
nessuna di quelle parole.

Li faccio mostrare tutto il loro lavoro in matematica.
e che lo nascondano nella bella copia.
Faccio loro capire che se hai questo (cervello)
allora segui questo (cuore) e se qualcuno prova a giudicarti
per quello che produci, gli mostri questo (il dito).

Lascia che te lo spieghi, così che tu sappia che quello che dico è vero:
io faccio una dannata differenza! E tu ?

lunedì 27 dicembre 2010

Abitare lo spazio: la ISS

Nei giorni scorsi sono circolati in rete gli auguri natalizi di Paolo Nespoli. Chi è Paolo Nespoli? L'astronauta italiano che anche in questo momento è in orbita attorno alla Terra, insieme a un collega russo e a un'americana, a bordo della Stazione Spaziale Internazionale (o, in inglese, International Space Station, ISS).

Cos'è la ISS? 


Da dieci anni ci sono almeno 2 persone in orbita attorno alla Terra, a un'altitudine di circa 350 km e con una velocità di quasi 29000 km all'ora. è l'equipaggio della ISS, una stazione spaziale realizzata per condurre esperimenti scientifici di vario tipo, grazie alla collaborazione di molte nazioni, tra cui l'Italia.

Se volete vedere la Terra come se foste voi, adesso, a bordo della ISS, visitate il sito della NASA. In realtà sono foto pescate dall'archivio, calcolando la posizione attuale della Stazione Spaziale, ma l'effetto è comunque affascinante.

Se anziché vedere le foto dalla ISS, preferite vedere le foto della ISS, potete guardare qui oppure qui.

Benissimo. Ma noi comuni mortali possiamo sperare di vedere la ISS dal vero, oltre che sulle foto? La risposta è sì, anche a occhio nudo, basta guardare in alto. Certo, bisogna sapere dove guardare e quando.
L'immagine originale è visibile qui
Dalla Terra, la ISS appare come una stella in movimento. A differenza delle stelle, non emette luce, ma possiamo vedere i raggi del Sole riflessi dai pannelli solari della stazione spaziale. Siccome l'inclinazione dei pannelli varia, non sempre la ISS è visibile allo stesso modo. Inoltre 29000 km/h sono una bella velocità e la nostra "stella in movimento" attraversa il cielo visibile in pochi minuti.

Cliccando sulla foto qui di fianco si può vedere una sequenza fotografica del passaggio della ISS (l'effetto è molto accelerato, ovviamente).

Vedere la ISS, dove e quando guardare

Esiste un sito, Heavens Above, che fornisce moltissime informazioni su cosa si può osservare nel cielo, anche satelliti artificiali, con carte del cielo e orari relativi alla città da cui osservate. (Naturalmente) è in inglese ma usarlo è semplice anche per chi non sa la lingua. Ad ogni modo, sul bel blog dell'osservatorio astronomico di Perinaldo, si possono trovare istruzioni dettagliate in italiano.

Io l'ho fatto, quindi se volete sapere cosa farò nelle prossime sere, potete consultare questa tabella. Stasera, verso le sette e un quarto, guarderò verso ovest. Non so se riuscirò a vedere granché perché la ISS sarà poco luminosa e passerà piuttosto bassa sull'orizzonte. Dovrebbe andare meglio domani, poco dopo le sei, e la sera del 29 dicembre, verso le sei e mezza, quando la ISS dovrebbe essere piuttosto luminosa e abbastanza alta in cielo. Anche le previsioni del tempo sembrano favorevoli.

Sarebbe bello se ci provasse anche qualcun'altro e magari ci scrivesse le proprie osservazioni.

domenica 5 dicembre 2010

Sporcarsi le mani

La foto originale viene da qui
Da una decina di giorni ho finito di leggere un libro*. Devo ancora capire se mi è piaciuto o no.
Avevo pensato di usarne una frase da mettere nelle (ec)citazioni. Questa: "La scuola è il mondo al contrario: non si mette nulla nero su bianco, ma viceversa. A scuola tutto è fatto per essere dimenticato, come la poca polvere bianca del gesso".

Poi ho deciso che la frase suona bene ma non funziona.

Potrei far notare che i giorni di un insegnante (ma anche di uno studente, direi) sono pieni di firme e di scartoffie, entrambe nero su bianco. Potrei sottolineare, per avvicinarmi di più al senso vero della citazione, che molti (anzi, di più) momenti della mia vita da alunno non sono affatto dimenticati: alcuni risalgono a più di un quarto di secolo fa, ma sono ancora incisi nella mia mente.

Ma il fatto è che la frase del libro si riferisce a una scuola di lavagne nere e gessetti bianchi. Fino allo scorso anno, anch'io lavoravo in una di quelle scuole. Entravo in classe con la mia scatoletta di gessetti (colorati, non bianchi: me li ero comprati di mia tasca). Ne uscivo con le mani ingessate, la giacca macchiata, i pantaloni a chiazze. Più di una volta ho scoperto di avere strisce di gesso sul naso, oppure di essermi fatto il trucco agli occhi senza volerlo.

Uscivo dall'aula con la lezione scritta sul corpo.
La foto originale viene da qui
Oggi no. Nella mia scuola i gessetti sono stati sostituiti da pennarelli, le lavagne nere di ardesia da lavagne di plastica bianca. Giro per le aule con una manciata di pennarelli in tasca. Poi, nel mezzo di una spiegazione, ne prendo uno per scrivere qualcosa alla lavagna: è scarico. Ne prendo un altro, scarico anche quello. Al terzo o quarto tentativo trovo un pennarello che scrive ma ormai quel labile filo di concentrazione che legava la classe è spezzato. Nel frattempo dai pennarelli è uscito un odore che ha intossicato me e, credo, tutti quelli della prima fila.

Così confesso: ho nostalgia di quando i ragazzi e le ragazze potevano usare la scusa delle mani sporche di gesso per poter andare in bagno e prendersi una pausa.

Un paio di giorni fa, interrogo Beatrice, di terza B. Lei, alla lavagna, risolve come meglio può un paio di problemi, poi depone il pennarello tossico e torna a sedersi. Un attimo dopo è di nuovo in piedi, mi mostra le mani — ha qualche granello di polvere blu sulle dita — e chiede di andarsele a lavare. Sono tentato di ringraziarla.

* il libro in questione è Bianca come il latte rossa come il sangue, di Alessandro d'Avenia. Edizioni Mondadori.

giovedì 2 dicembre 2010

Little Darwin

L’avventura della scienza e delle sue scoperte ha qualcosa in comune con il piacere del gioco e con la curiosità di un bambino.
Questa frase esprime bene quello che penso ed è un po' la "filosofia" con cui nasce questo blog (blog che aggiorno troppo di rado, lo so). Vorrei fosse una frase mia, ma ammetto di averla copiata – e un po' rimaneggiata – dalla prefazione a un piccolo libro per ragazzi: Little Darwin, delle edizioni Codice. Gli autori sono Mara Dompè (testi) e Alessandro Blengino (illustrazioni).


I protagonisti del libro sono Alice, una ragazza che deve studiare per l'interrogazione dell'indomani, e Darwin. È proprio lui, Charles Robert Darwin a raccontare la storia della propria vita, del grande viaggio intorno al mondo e di come nacque la teoria dell'evoluzione delle specie per selezione naturale. Ma anche Alice ha qualcosa da raccontare: alcune delle scoperte, avvenute dopo la morte di Darwin, che  hanno confermato le sue idee. Perché non è affatto vero, come si sente troppo spesso, che l'evoluzione delle specie è solo una teoria non dimostrata: ci sono prove e riprove, roba che nemmeno Darwin stesso avrebbe pensato di trovare. E un piccolo libro per ragazzi basta per capirlo.


Con un linguaggio semplice e diretto, passano informazioni scientifiche, note biografiche, aneddoti curiosi: Darwin che cavalca le tartarughe, oppure che, dopo aver a lungo cercato una nuova specie di nandù (un uccello simile allo struzzo), se lo ritrova servito per cena.
Insomma, il racconto scorre leggero e veloce. Alla fine rimane il fascino delle avventure e delle scoperte del grande naturalista inglese. E, quel che più conta, rimane la voglia di saperne di più.

Se, nonostante tutto, decidete di non leggere il libro, leggete almeno la prefazione: quasi quasi, quella da sola vale il prezzo del libro. La riporto per intero qui di seguito. (Starò infrangendo qualche legge sui diritti d'autore? Spero di no. Comunque, a mia difesa, preciso che l'ho trovata già pubblicata su internet, a questa pagina. Quindi...)

La prefazione, di Telmo Pievani
L’evoluzione non è stata scoperta da un vecchio nonno con la lunga barba bianca, quello che tutti noi riconosciamo nell’immagine come l’anziano vegliardo dallo sguardo un po’ triste, di nome Charles Darwin. No, l’evoluzione è stata scoperta da un ragazzino curioso e impertinente, e non molto studioso, che amava collezionare insetti e che un giorno ebbe la fortuna di partire per un meraviglioso viaggio in barca attorno al mondo.
Tra una nottata di mal di mare e l’altra, spalancò gli occhi su paesaggi incontaminati, isole sperdute, deserti e foreste, incontrando le piante e gli animali più bizzarri. Capì che il segreto della natura è la sua diversità e che tutti gli esseri viventi sono imparentati fra loro proprio come nonni, nipoti e cugini.
Quando tornò a casa si mise a scrivere di getto le sue idee in un diario, iniziando così un secondo viaggio fantastico, tutto racchiuso questa volta nella sua mente. La vita è come un grande albero ramificato, le specie si sono evolute per milioni di anni grazie alla selezione naturale e ad altri fattori naturali, e anche noi esseri umani facciamo parte di questa storia piena di sorprese imprevedibili, scrive il ragazzo nei suoi taccuini. Ma non sarà troppo presto, aggiunge, per annunciarlo al mondo? Come la penseranno i miei amici che sono ancora convinti che tutto là fuori è sempre stato come appare oggi? Il giovane scienziato ha paura e decide di mantenere il segreto, si trasferisce in una bellissima casa di campagna piena di bambini, con le sue serre, gli esperimenti nello studio e i suoi allevamenti di colombi, finché un giorno… ma il resto lo scoprirete soltanto leggendo questo libro.
Sì, perché l’avventura non è soltanto quella dell’evoluzione, raccontata dai fossili e dagli adattamenti degli animali, ma anche quella della scienza stessa e delle sue scoperte, che hanno qualcosa in comune con il piacere del gioco e con la curiosità di un bambino. Se una volta osservando un frammento della natura ti sei chiesto “perché?”, allora sei pronto per ascoltare la strana storia del signor Darwin!

sabato 6 novembre 2010

Oggi pesce

D'accordo: forse è un po' troppo retorico, forse è un po' inverosimile e nessun insegnante può essere davvero così. Può darsi ma a me il prof Keating è sempre piaciuto. E siccome oggi mi sento un po' retorico (sarà l'autunno), butto lì questo spezzone del film L'attimo fuggente.
...avranno atteso finché non è stato troppo tardi per realizzare almeno un briciolo del loro potenziale?



PS: no, carpe diem non si traduce "oggi pesce", no.

lunedì 1 novembre 2010

Se le note non sono giuste

La gente può anche dire che non so cantare, 
ma nessuno potrà mai dire che non ho cantato.
Florence Foster Jenkins


Non vorrei che qualcuno, leggendo il titolo, si aspettasse le confessioni di un prof pentito per aver messo troppe note ingiuste. Quindi chiariamo subito: qui si parla di note musicali (mi spiace deludervi).
In un post di qualche tempo fa, in un momento di pura pazzia, avevo invitato a scrivere per eventuali domande su argomenti matematico-scientifici. Con un po' di delusione e con un po' di sollievo ho notato che nessuno scriveva. Poi ecco la prima domanda (come si poteva prevedere, l'autore è il Mac, di seconda A): "Perché alcune persone sono intonate e altre no?".
La domanda è rimasta in sospeso per qualche mese (nel frattempo il Mac è passato in terza A!). Non solo per mia pigrizia, anche per la mia ignoranza in materia: "Ecchennesò?" avrei dovuto rispondere. Ma ho cercato di documentarmi e azzardo una risposta più precisa. 
Per la verità, non sono nemmeno sicuro che la domanda sia valida: se chiedi a qualsiasi insegnante di musica probabilmente risponderà che non esistono persone stonate ma solo persone non educate al canto. In effetti, per la stragrande maggioranza è così.

Stonati: quelli veri
In realtà esistono persone che non solo stonano ma non riescono nemmeno ad accorgersi delle stonature, proprie o di altri. Sono gli amusici (cioè affetti da amusia): persone che non distinguerebbero Povia da Mozart, gente che, sentendo Emanuele Filiberto al festival di Sanremo, potrebbe credere di avere davanti un vero cantante (nessuno invece crederebbe di avere davanti un principe, ma questo è un altro discorso). Sono amusiche circa 4 persone su 100. Quindi non è impossibile che ce ne sia qualcuno anche nella vostra scuola. In effetti mi è capitato di sentire certi "suoni" provenire dalle aule di musica!
L'amusia è dovuta a motivi di origine cerebrale, un po' come la più nota dislessia (un disturbo dell'apprendimento che consiste soprattutto in difficoltà nel leggere e scrivere).
Nel 1800 furono descritti casi di amusia acquisita in seguito a incidenti o a danni cerebrali. Per molto tempo si è invece pensato che l'amusia congenita (presente già alla nascita) fosse solo un mito. In un articolo del 2002, però, un gruppo di ricerca canadese, diretto dalla neuropsicologa Isabelle Peretz, pubblicò la storia di Monica, una donna di mezza età, colta, intelligente, con un udito perfetto e una buona memoria. Fin da bambina Monica scoprì di non essere portata per la musica: partecipava al coro della chiesa locale e il direttore le suggerì di muovere la bocca ma, per l'amor del cielo!, non cantare. Stessa storia quando aveva cercato di entrare a far parte della banda musicale. Dal momento che non aveva alcun difetto o danno fisico e nemmeno si poteva dire le mancasse un'educazione musicale, Monica è considerata il primo caso documentato di amusia congenita.
La Peretz sottopose Monica a una serie di test. Ad esempio le fece ascoltare delle sequenze di cinque note, in cui la quarta era più alta o più bassa. Le scoprì enormi difficoltà nel riconoscere la differenza, in particolare per le note più basse. Le difficoltà nel cantare e suonare derivavano evidentemente da questa incapacità di riconoscere i diversi toni, proprio come la principale causa della dislessia sembra essere la difficoltà nel riconoscere i suoni che compongono le parole.

Alcuni aneddoti 
Ci sono poche certezze riguardo le cause della amusia congenita. Si sta ancora tentando di individuarne i geni. Non è facile, soprattutto per la difficoltà nel capire chi è davvero amusico. Molto più semplice è trovare qualche aneddoto interessante. Basta farsi un giro in internet (ho trovato persino un blog dedicato all'amusia) oppure in libreria:  qualche caso si trova, ad esempio, nel recente libro di Oliver Sacks Musicofilia. Ne scelgo un paio quasi a caso.
D.L., una signora (ex insegnante!) racconta di non riuscire a riconoscere l'inno nazionale (è costretta ad aspettare che gli altri si alzino in piedi per essere sicura) ma nemmeno "Tanti auguri a te". La stessa signora L. spiega quello che sente quando viene suonata della musica: "è come se tu fossi in cucina e sbattessi a terra tutto il pentolame".
Un altro caso: a una paziente che aveva subìto un danno al cervello, fu fatto sentire l'Adagio di Albinoni prendendolo dalla sua collezione di dischi. Lei sostenne di non aver mai sentito prima quella musica e poi disse: "Mi dà una sensazione di tristezza, è un po' come se fosse l'Adagio di Albinoni".


Sei amusico?

Se volete sapere se siete amusici, un primo passo potrebbe essere fare il test online proposto dall'università inglese di Newcastle upon Tyne come parte di una ricerca in corso. Il test consiste nell'ascoltare delle coppie di brevi brani musicali e capire se sono uguali tra loro o leggermente diversi. Sono proposte due sequenze di 30 coppie di brani, io ci ho azzeccato 28 volte su 30 nella prima sequenza e 29 su 30 nella seconda: sembra che io non sia amusico.


Stonati e felici
Per concludere: se sei solo stonato, puoi sperare di allenare l'orecchio e la voce, magari prendere qualche lezione, e migliorare. Se sei proprio amusico hai ben poche speranze di diventare intonato. Ma non è detto che tu non possa diventare una star della musica.

È quel che è successo a Florence Foster Jenkins. Vissuta più o meno un secolo fa, la Jenkins era decisa a imporsi come cantante lirica. Purtroppo sembrava quasi incapace di tenere il tempo della musica e faticava altrettanto ad azzeccare le note. Ciononostante riuscì a diventare famosa, grazie alla propria tenacia e all'abilità di Cosme McMoon che la accompagnava al piano cercando di assecondarne e mascherarne gli errori. E, forse, anche perché il pubblico apprezzava le sue esibizioni come una sorta di teatro comico più che come uno spettacolo di bel canto.
Qui di fianco, la copertina di un suo disco, pubblicato postumo: La gloria(????) della voce umana. Qui sotto la registrazione di una sua esibizione: tanto per farsi un'idea.

martedì 26 ottobre 2010

Olimpiadi di astronomia 2011

Leggo su Gravità Zero e rilancio: chi ha 13-16 anni può partecipare alle olimpiadi italiane di astronomia 2011.
Di cosa si tratta? Una gara per ragazzi appassionati di astronomia, con preselezioni, gare interregionali, gara finale nazionale e, gran finale, gara internazionale.
Chi fosse interessato deve, intanto, partecipare alla fase di preselezione. Basta scrivere un tema di argomento astronomico, inviarlo via internet e incrociare le dita.

Per essere più preciso: un estratto dalla pagina ufficiale.
  1. Consulta http://www.olimpiadiastronomia.it e scarica il Bando ufficiale delle Olimpiadi di Astronomia 2011.
  2. Scrivi il tuo elaborato, sfruttando la tua passione per l’astronomia, consultando i tuoi insegnanti, la biblioteca della tua scuola, l’Osservatorio Astronomico, il Planetario o il Museo scientifico della tua città, internet… L’importante è che il tuo elaborato sia originale e frutto del tuo personale pensiero!
  3. Registrati alle preselezioni e invia il tuo elaborato online entro il 29/11/2010.
  4. Se supererai la fase di preselezione, potrai sostenere la prova scritta interregionale il giorno 21/02/2011 nella sede regionale a te più vicina. Se verrai selezionato, sarai invitato a partecipare alla finale italiana il 17/04/2011 a Reggio Calabria.
 So che molti hanno letto La chiave segreta per l'universo, il libro di Lucy e Stephen Hawking (chi non l'avesse ancora fatto, lo legga: non è niente male). Avete presente George che partecipa al concorso di scienze? Ecco, questa può essere la vostra occasione. Anzi è meglio.

lunedì 25 ottobre 2010

Micro

Per prendere il microscopio bisogna chiedere le chiavi dell'infermeria.
L'infermeria si riconosce perché dentro c'è un lettino tipo medico e una scrivania. Non ho guardato con attenzione, ma non credo ci siano farmaci di alcun tipo (nessun può somministrare farmaci a scuola). In un angolo, però, c'è una pianola e un paio di scatoloni. In un altro angolo c'è un armadio metallico. Ecco, dentro l'armadio c'è il laboratorio di scienze.
L'armadio è chiuso a chiave. La chiave ce l'ha l'insegnante X. L'insegnante X non c'è perché oggi è il suo giorno libero. Per fortuna basta forzare con delicatezza le ante scorrevoli e l'armadio si apre.
Così possiamo prendere il microscopio.
Prendiamo anche un sacchetto di plastica con alcuni vetrini portaoggetto (già usati, ma basta ripulirli un po'), un paio di pinzette (arrugginite, ma fanno comunque il loro lavoro) e una boccetta di tintura di iodio (un po' rinsecchita, ma basta allungarla con un po' di alcool). Un paio di pipette, un po' d'acqua e via.
In classe sbucciamo una cipolla e tentiamo di vederne le cellule, oppure qualcuno si sfrega uno stuzzicadenti in bocca e tentiamo di vedere le sue cellule (bleah!).
Cose così. La tintura di iodio, per chi se lo chiedesse, serve come colorante. Funziona. Abbastanza.
Certo, c'è anche chi usa metodi e strumenti un pizzico più avanzati.
Ad esempio Alvaro Migotto, che ha scattato questa foto.
Cos'è? Un fiore? Un frutto? Un elica? Una caramella gommosa gusto arancia? Due sederi un contro l'altro? Una palla-pesca, come sostiene mio figlio?
In realtà è l'embrione di una stella marina (Echinaster brasiliensis) fotografato con 60 ingrandimenti. È allo stadio di quattro cellule (qualcuno, ad esempio in prima A, ricorderà che abbiamo parlato di mitosi, sviluppo embrionale, quelle cose lì).
La foto ha partecipato al concorso di fotografia al microscopio Nikon International Small World Photomicrography Competition. Non ha vinto, ha solo ricevuto una menzione d'onore. Il vincitore ha fotografato il cuore di una zanzara. Poi c'è una foto di salsa di soia cristallizzata, quella di un cristallo di ghiaccio ingrandito 40 volte, quella delle spore di una felce. Insomma: un tesoro in ogni dove.

martedì 19 ottobre 2010

L'autostrada invisibile


Gli uomini sanno volare?
Questione di punti di vista, direi. Non ho mai visto una persona spiccare il volo come può fare un passero o un pipistrello, per dire. Ma gli uomini sanno volare nel senso che hanno saputo costruirsi degli strumenti per sollevarsi da terra. Giusto?

Allora i ragni sanno volare, proprio come gli uomini.

Sì, quegli esserucoli con otto zampe e quattro paia di occhi. Quelli che schiacciamo appena li scopriamo in un angolo della nostra casa. Non hanno le ali ma hanno inventato la mongolfiera (d'accordo, i fratelli Montgolfier hanno poi apportato alcune modifiche non da poco).

Non è una novità. Darwin, durante il suo lungo viaggio sulla nave Beagle ne incontrò parecchi. Nel suo libro Viaggio di un naturalista intorno al mondo, scriveva: "Un giorno, a Santa Fé, [...] un ragno lungo sette millimetri [...] mentre era sulla cima di un palo, emise quattro o cinque fili dalle sue filiere. Questi luccicavano al sole e parevano raggi di luce divergenti; non erano però dritti, ma ondulati come un velo di seta mosso dal vento. erano più lunghi di un metro e divergevano verso l'alto, a partire dalle filiere. Il ragno lasciò improvvisamente il palo e fu portato in breve fuori di vista”.

Il ragno volava, si era costruito una “mongolfiera” con la propria ragnatela!
Non che Charles Darwin fosse il primo a osservare il fenomeno, i viaggi aerei dei ragni erano già ben noti. E non solo per i ragni. Scrive ancora Darwin: “ Vi sono molte relazioni su insetti trasportati dal vento al largo della Patagonia. […] L’esempio più notevole che conosco di un insetto catturato lontano dalla costa, è quello di una grossa cavalletta (Acrydium) che volò a bordo quando il Beagle era sopravvento delle Isole del Capo Verde e quando la terra più vicina […] era il Capo Bianco sulla costa dell’Africa, distante 370 miglia”.

Darwin si imbarcò sul Beagle nel 1831, quando aveva ventidue anni, e tornò in Inghilterra cinque anni più tardi, dopo aver toccato le coste del Sud America, dell’Oceania, dell’Africa e di nuovo del Sud America.
In quei cinque anni Darwin fece osservazioni di geologia, raccolse innumerevoli campioni di animali e piante, anche fossili – molti dei quali sconosciuti – entrò in contatto con popolazioni indigene. Sfido chiunque a non essere affascinato da una così grande, meravigliosa, romantica avventura umana e scientifica! Io ammetto di essere anche un bel po’ invidioso.

Ma sto divagando: torniamo agli insetti e ai ragni volanti.

Siamo nel 1926, è passato quasi un secolo dal viaggio del Beagle. Nel frattempo gli entomologi hanno cercato in vari modi di scoprire qualcosa in più su tutti questi animaletti che si fanno trasportare dal vento: si sono arrampicati su piloni, hanno rotto le scatole a guardiani di fari e scalatori di montagne, hanno provato a catturare insetti ad alte quote usando palloni e aquiloni. Non sono riusciti a scoprire un granché. Ma il 10 agosto del 1926, da una pista in Louisiana, negli Stati Uniti, decolla il primo aeroplano dotato di trappole per catturare insetti a scopo di studio. Vola per dieci minuti e riesce a catturare qualche farfalla e alcune vespe. Non molto ma, da quella prima volta, migliaia di altri voli hanno permesso di catturare decine di migliaia di insetti e ragni, di 700 specie diverse, ad altezze impressionanti: fino a oltre 5000 metri di quota.

Qualche giorno fa mi è capitato di vedere questo filmato, realizzato dalla NPR. Io ci ho aggiunto i sottotitoli in italiano. Mi sono preso alcune libertà nella traduzione ma mi pare che, tutto sommato, funzioni.
PS: ho trovato le notizie sui voli del 1926 in Insectopedia, un libro interessante che mescola storia, scienza, antropologia, filosofia, cultura popolare, tutto incentrato sugli insetti. Purtroppo è solo in inglese.

Chi invece fosse interessato al viaggio di Charles Darwin, a questa pagina può scaricare gratis una versione del libro, in vari formati, sotto il titolo di Diario di un naturalista giramondo. Si tratta della traduzione ottocentesca di Michele Lessona, il quale ebbe il merito di tradurre parecchie opere di Darwin e di divulgarne il pensiero in Italia.

giovedì 14 ottobre 2010

Aladar Mezil e il metodo scientifico

A una certa età i ricordi tornano a sprazzi. Senti una canzone, vedi un'immagine, senti un odore e ti torna in mente qualcosa che si era persa nella soffitta della mente.

Oggi mi è capitato con un vecchio cartone animato degli anni '80. Del secolo scorso, quindi. Questo fa sentire vecchi.

Comunque, il cartone animato si intitolava La famiglia Mezil: una famiglia più o meno normale, con padre impiegato insoddisfatto, mamma casalinga, cane, gatto, sorella e soprattutto Aladar Mezil, il ragazzino genio della scienza, il quale trascina la famiglia in strampalate avventure.
Da tempo ho felicemente rinunciato alla tivù, ma una puntata di questo cartone me la riguarderei volentieri.

Tutto ciò era solo per introdurre questo poster che illustra il metodo scientifico. Il personaggio è ispirato a Aladar Mezil, appunto. Il disegno l'ho trovato qui.

domenica 10 ottobre 2010

Un'avventura sul Nilo



Tu dirai: ancora matematica! A volte non se ne può fare a meno, Signore.” Chi pronuncia queste parole è il grande Eratostene, rivolto al sovrano Tolomeo IV Filopatore. Le si trova scritte in una delle ultime pagine del romanzo La chioma di Berenice, di Denis Guedj, matematico e scrittore scomparso pochi mesi fa.

Ora, so bene che cominciare la presentazione di un romanzo con una citazione sulla matematica significa che la maggioranza dei lettori eviterà il libro come se fosse infetto. Quindi preciso che di matematica -quella con numeri, operazioni, regoline- ce n’è ben poca. È la storia di un’avventura sul Nilo: ci sono alligatori pericolosi, battaglie, una storia d’amore, intrighi e cospirazioni alla corte del faraone, delitti efferati. Soprattutto c’è il racconto di una delle grandi avventure scientifiche dell’uomo.

Terzo secolo avanti Cristo, una spedizione parte da Alessandria d’Egitto con un obiettivo ambizioso: misurare il mondo.
Per la verità: la spedizione deve “solo” misurare la distanza tra Alessandria e Siene (oggi Assuan). Con questo dato, ci penserà poi il grande Eratostene a calcolare la circonferenza della Terra.

Se sfogliate il libro di aritmetica di prima media, dove si parla di numeri primi, e magari anche quello di scienze, dove si parla del pianeta Terra, il nome di Eratostene salta fuori di sicuro. Perché Eratostene è un personaggio storico ed è stato davvero un grande. E ha davvero usato la distanza tra Alessandria e Siene per determinare la misura del meridiano terrestre. Il metodo è descritto nel libro (e magari ne parlerò in un prossimo post).

Per ora soffermiamoci sulla spedizione lungo il Nilo: è un’invenzione di Guedj. In realtà nessuno sa come facesse Eratostene a conoscere la distanza tra le due città. Alcuni pensano che sia stata misurata in ore di cammino di cammello, probabilmente invece fu frutto di una grande campagna di misurazioni che sfruttava agrimensori ufficiali del re. Guedj, per il romanzo, sceglie il metodo del bematista. Cos’è un bematista? È una specie di strumento di misura umano, uno che misura le distanze contando i propri passi.

Accade spesso nei libri di Guedj: la fantasia si mischia alla realtà storica. Ne esce un impasto affascinante, nel quale personaggi inventati incontrano grandi personaggi storici. È inventato il protagonista principale, Teofrasto Excelsior (Teo), è inventato Beton il bematista, è reale Eratostene. Sono realistiche e molto accurate le descrizioni dello sfondo: la città di Alessandria d’Egitto, con il suo magnifico faro –una delle sette meraviglie del mondo antico-, con la Grande Biblioteca -la raccolta di libri (rotoli di papiro, in effetti) più maestosa e famosa del mondo-. Poi le piramidi, la piena del Nilo, le tradizioni degli antichi egizi. Tutto molto curato, tanto che qua e là il romanzo si perde e ti trovi a leggere un’opera di saggistica. La storia sparisce per far posto alla Storia.

Questo è il punto di forza dei romanzi di Denis Guedj. Ed è anche il loro punto debole. Dà una piacevole sensazione godersi una bella storia e accorgersi che nel frattempo si è imparato qualcosa, ma se l’intento divulgativo fa sparire la storia, se la didattica pesa troppo, il libro rischia di non funzionare più.

Un esempio: avevo consigliato Il teorema del pappagallo, il libro di Guedj più venduto, nel quale l’indagine su un omicidio si intreccia con alcune delle tappe fondamentali della storia della matematica . Una ragazza mi ha confessato di averlo letto fino in fondo. Saltando le parti dove si parla di matematica!
Per lei il libro non ha funzionato.

La chioma di Berenice dovrebbe essere più facile da leggere: la storia è scorrevole, la matematica c'è ma quasi non si nota. Se qualcuno decide di leggerlo (o lo ha già letto) mi faccia sapere.

Aggiungo il collegamento a un'intervista a Denis Guedj su La chioma di Berenice.

PS: il ritratto di Guedj ad acquarello è opera mia, infatti non è molto somigliante. I commenti entusiasti sono i benvenuti.


domenica 26 settembre 2010

Mai fidarsi delle compagnie telefoniche

Va bene, io sono un pigrone, inizio decine di post, poi li pianto a metà e non li pubblico. E il blog resta lì, in attesa. Però se i signori di Vodafone non mi restituiscono la linea adsl non è colpa mia! Mi avevano assicurato: "non si preoccupi, lei non rimarrà senza linea neanche per un minuto". E io ci ho creduto. Che ingenuo!
Fatto sta che da dieci (10!) giorni non mi posso collegare a internet, e resto in attesa. Io come il blog.

Le trasmissioni riprenderanno non appena i signori della telefonia mi faranno la grazia di darmi quello che mi avevano promesso. Ci scusiamo per il disservizio.

domenica 12 settembre 2010

Palla lunga e pedalare

Va bene, si ricomincia. Domani facce nuove. Sono curioso. Sarà un anno strano. Sarà un anno di passaggio. Ma sono curioso. Ho voglia di vedere cosa dicono gli occhi di questi nuovi ragazzi e ragazze. Ho voglia di intuire quello che non dicono.
Insomma, comincia un nuovo anno di scuola: palla lunga e pedalare.

PS: auguro un buon anno a tutti i miei allievi: quelli che sto per conoscere, quelli che ho appena lasciato, quelli che sono partiti per l'avventura nelle superiori, quelli che si sono trasferiti in altre regioni...

lunedì 30 agosto 2010

Un post in agrodolce

Questo è un post che non avrei voluto scrivere. E nello stesso tempo sapevo che prima o poi l'avrei fatto.

In questi giorni mi è arrivata la notizia di essere "passato di ruolo". E' una buona notizia: migliaia di insegnanti in Italia sono senza lavoro o sono costretti a vivere di supplenze. La nomina in ruolo, invece, mette più o meno al sicuro dal pantano del precariato.

Ciò nonostante confesso di non essere contento come dovrei.

Uno dei motivi è che tutto ciò significa rientrare nel tritacarne della scuola statale, dove spesso quello che conta è la graduatoria: "quanti punti hai", non quello che fai. (E' anche per questo che in questi ultimi anni ho scelto di lavorare in una scuola paritaria.)

Ma il fatto principale è che dovrò cambiare scuola. Lasciare un luogo che, dopo quattro anni, mi è ormai familiare. Lasciare un gruppo di colleghi e di allievi con i quali mi trovavo bene. (Non che tutto fosse perfetto, eh, ma mi trovavo bene.) E' una sensazione strana: un po' agra, un po' dolce.

Questo è un post di saluto. Non lo farò lungo: sarebbe troppo facile cadere nel retorico o nel sentimentale. Un saluto e via: la vita continua, la strada è lunga. Spero sarà, per tutti noi, un bel camminare.

PS: spero anche che questo blog possa essere un luogo dove continuare a "sentirci". Vi aspetto.

martedì 17 agosto 2010

Minzione d'onore

Questo è quel che compare oggi sul sito del provveditorato agli studi della Provincia di Varese.



A quanto pare gli insegnanti devono partecipare a concorsi anche per poter fare pipì.

sabato 14 agosto 2010

Hydrocarbon Man



Non è che mi faccia un gran piacere pubblicizzare una compagnia petrolifera. Il fatto è che questo filmato è sì una pubblicità, ma non fa altro che sottolineare quanto siamo dipendenti dal petrolio. Quindi quanto dovremmo sforzarci di diminuire questa dipendenza.

mercoledì 11 agosto 2010

Polvere di stelle

La pigrizia è una brutta bestia: apro il blog e vedo che l'ultimo post risale a più di un mese fa. Nel frattempo avrò abbozzato decine di post ma, si sa, scrivere è fatica. Così non ne ho finito neanche uno.

La pigrizia è una brutta bestia: ieri mattina ho iniziato questo post con l'idea di pubblicarlo entro sera, appena in tempo per la notte di S. Lorenzo, notte delle stelle cadenti. Oggi è l'undici, quindi la notte fatidica è passata: dovrei rimandare il post all'anno prossimo. Invece ho deciso di scriverlo lo stesso, approfittando del fatto che la notte in cui si potranno vedere più stelle cadenti, quest'anno, è quella tra il 12 e il 13, quindi sono ancora in tempo.

Tanto per cominciare non sono stelle

Qualcuno (me compreso) si sarà chiesto: "Cosa succede se una stella cadente va a sbattere contro la Terra?" oppure: "Se fisso con attenzione una stella, magari cadrà proprio quella", o ancora: "Ma se tutti gli anni cadono un po' di stelle, tra un po' non ce ne saranno più". Il fatto è che le "stelle cadenti" non sono stelle, sono pezzi di cometa.

E qui bisogna spiegare: una "stella" cometa non è una stella, è un ammasso di polveri e ghiaccio che gira per il sistema solare. Quando la cometa, nella sua orbita, si avvicina al sole, il ghiaccio si scioglie e le polveri si liberano, formando la famosa coda. Per la verità due code: una azzurrina, formata dal ghiaccio sublimato in gas, e una bianca, formata dai granelli di polvere (vedi foto).

I frammenti di polvere si chiamano meteoroidi e sono piccoli, in genere delle dimensioni di un granello di sabbia (possono essere anche più grossi ma vabbé).

Da granello di polvere a "stella cadente"

Un meteoroide che attraversa l'atmosfera terrestre viaggia decisamente oltre i limiti di velocità: rispetto alla Terra la sua velocità può variare da una dozzina a oltre 70 Km/s ("al secondo", non "all'ora"!). L'aria davanti al meteoroide viene compressa e si surriscalda, di conseguenza anche il meteoroide si scalda e comincia a evaporare. I gas che si formano vanno a sbattere contro le molecole di gas dell'atmosfera. Queste si eccitano e tutta questa eccitazione genera luminosità, una scia luminosa. La chiamiamo meteora o stella cadente. Se un meteoroide arriva fino alla superficie terrestre viene detto meteorite.

In giro per il sistema solare ci sono meteoroidi dispersi, figli di non si sa quale cometa, e invece sciami più densi di meteoroidi. Le stelle cadenti si possono vedere tutto l'anno, 5-10 ogni ora: sono le meteore sporadiche. Quando però l'orbita della Terra incrocia quella di una cometa (perciò uno sciame denso di meteoroidi) si possono vedere molte più meteore (quindi esprimere un bel po' di desideri in più!).

Non solo d'agosto

La Terra attraversa diversi sciami di meteorodi ogni anno. I più importanti sono quattro: le Perseidi (metà agosto), le Leonidi (metà novembre), le Geminidi (metà dicembre) e le Quadrantidi (inizio gennaio).

I nomi strambi derivano dalla posizione del radiante da cui provengono (vedi foto). Mi spiego: agli occhi di noi piccoli osservatori terrestri, le meteore di uno sciame sembrano arrivare tutte da uno stesso punto del cielo, chiamato radiante. I radianti si trovano all'interno di costellazioni che danno così il nome agli sciami. Per capirci: il radiante delle Leonidi è nella costellazione del Leone.

Lacrime di S. Lorenzo

Lo sciame più famoso è quello delle Perseidi, che ha il radiante nella costellazione di Perseo. Si tratta dello sciame figlio della cometa Swift-Tuttle. Un tempo il massimo di visibilità cadeva nella notte del 10 agosto, S. Lorenzo. Ora: Lorenzo era un martire cristiano, bruciato vivo, e secondo una leggenda popolare le stelle cadenti sono le lacrime infuocate del santo. Nel frattempo però, l'asse di rotazione terrestre ha cambiato inclinazione (questo effetto si chiama precessione degli equinozi) e la notte di S. Lorenzo non è più nella notte di S. Lorenzo. Cioé: il massimo di attività si ha verso il 12-13 agosto. Quest'anno, in particolare, nella notte tra il 12 e il 13 non ci sarà la luna a disturbare con la sua luce riflessa, quindi dovrebbe esserci un bello spettacolo. Speriamo solo che non sia nuvoloso.

Per finire una curiosità e un filmatino di un paio di minuti.

La curiosità: il fatto che gli sciami meteorici sono residui di comete venne ipotizzato per la prima volta da un italiano, Giovanni Schiaparelli, il quale osservò tra l'altro che l'orbita dello sciame meteorico delle Leonidi coincideva con quella della cometa Tempel-Tuttle.

Il filmato: realizzato per il progetto The Virtual Telescope, spiega tra l'altro come vedere al meglio le Perseidi. Buone osservazioni e buoni desideri.

mercoledì 7 luglio 2010

Eravamo io, Frankoviak, Benjamin...



Maurizio Crozza imita Antonino Zichichi. Quest'uomo è il mio terrore (Zichichi, non Crozza): ho degli incubi terribili in cui uno studente mi dice davanti a tutti: "Prof, lei spiega come Zichichi!".



Va bene, lo ammetto: questo è un post buttato lì tanto per finire in ridere e salutare, che vado al mare. Anzi vado all'oceano. Forse torno.

martedì 6 luglio 2010

Il giuramento d’Ippocrate degli insegnanti

Venerdì scorso, a Venezia, c'è stato un Bar Camp. Argomento del Bar Camp erano le motivazioni e i metodi dell’insegnamento.

Ora, io non ho la minima idea di cosa sia un Bar Camp e in effetti non sono neanche così interessato a saperlo. Mi interessa molto di più quello che è stato presentato durante l'incontro (intuisco che il Bar Camp dev'essere un posto dove si incontrano tante persone, una roba così): il "Manifesto degli insegnanti".


Si tratta di un documento che manifesta (essendo un manifesto la cosa non fa meraviglia) il pensiero, le motivazioni e gli obiettivi di tanti, tanti insegnanti italiani (non tutti, purtroppo). E' qualcosa di simile al giuramento di Ippocrate, quello che fanno i medici quando cominciano la professione. E' proposto da "La scuola che funziona", una comunità virtuale di oltre 1000 docenti italiani. Ed è accompagnato da un invito a sottoscriverlo rivolto agli insegnanti.

In questi tempi la scuola italiana sembra moribonda, sembra in putrefazione, infatti manda cattivo odore. Ma molti insegnanti (e molti studenti) sono ancora vivi. Questo Manifesto lo testimonia. Non potevo non sottoscriverlo, anche se ogni volta che lo rileggo mi sembra sempre più difficile riuscire a mantenere l'impegno fino in fondo.

Ecco i 13 punti del Manifesto:
  1. Amo insegnare. Amo apprendere. Per questo motivo sono un insegnante. 
  2. Insegnerò per favorire in ogni modo possibile la meraviglia per il mondo che è innata nei miei alunni. Insegnerò per essere superato da loro. Il giorno in cui non ci riuscirò più cederò il mio posto ad uno di loro. 
  3. Insegnerò mediante la dimostrazione e l'esempio, il riconoscimento dei miei errori illuminerà il mio percorso. 
  4. Accompagnerò i miei alunni alla scoperta del mondo, assecondando e stimolando in ognuno di loro la curiosità e la ricerca, le domande e la passione. 
  5. Non potendo dare loro la verità, mi adoprerò affinché vivano cercandola. 
  6. Incoraggerò nei miei studenti la volontà di superarsi costantemente e di non rassegnarsi mai di fronte alle difficoltà. 
  7. Farò in modo che la scuola sia il mondo, e non un carcere. 
  8. Non trasmetterò ai miei studenti saperi rigidi e preconfezionati. La mia visione del mondo mi guiderà, ma non sarà mai legge per i miei alunni. Il dubbio e la critica saranno i pilastri della mia azione educativa. 
  9. Contrasterò lo studio per il voto e promuoverò lo studio per la vita. 
  10. Raccoglierò elementi di valutazione, rifiutando approcci semplicistici e meccanici che non tengano conto delle situazioni di partenza, dei progressi, dell’impegno e della crescita complessiva del singolo alunno. 
  11. Lotterò affinchè la scuola sia la scuola di tutti, la scuola in cui ogni studente possa apprendere seguendo tempi e tragitti individuali. 
  12. Aiuterò i miei alunni ad illuminare il futuro leggendo il passato e vivendo in pienezza il presente. Li aiuterò a stare nel mondo così com'è, ma non a subirlo lasciandolo così com'è. 
  13. Resterò fedele a questi punti in ogni momento della mia azione educativa, pronto ad affrontare e superare tutti gli ostacoli formali e burocratici che si presenteranno sulla mia strada. 
In queste frasi ogni parola è importante, ha un significato e un peso: è sbagliato dire che una sia più importante di un'altra. Ma lo farò lo stesso: a me piacciono soprattutto il punto 5 (Non potendo dare loro la verità, mi adoprerò affinché vivano cercandola.) e il punto 2, dove si sottolinea "la meraviglia per il mondo". In fondo non è un caso se ho chiamato questo blog "Un tesoro in ogni dove".

PS: ho scoperto il manifesto su Scientificando, uno dei blog di Annarita Ruberto, la più famosa prof blogger d'Italia.